lunedì 28 luglio 2008

Spazio Rossana Orlandi: arte, design, fashion e gusto


Lo spirito che anima le scelte e le attività dello Spazio Rossana Orlandi è caratterizzato dalla ricerca e dalla scoperta di ciò che è nuovo, interessante, emozionante e originale.
Lo Spazio ha aperto nel luglio 2002, sviluppandosi in aree dedicate al design, all'arte, alla moda e, da pochissimo, alla ristorazione.
Rossana Orlandi, cultrice della contiguità tra discipline, ha da poco concluso la mostra dell’artista El Anatsui, le cui opere, al confine tra artigianato e design, sono l’esempio atto ad esaltare la variegata miscela di proposte che trova la sua omogeneità proprio nella forza delle diversità, dello spazio di via Matteo Bandello.

VISITARE "SPAZIO ORLANDI"
Genere Design e moda e food
Dove Milano via Bandello 14
Orari da lun/sab 10/19 (arredamento);
mar-sab 10/19 lun 15/19 (abbigliamento);
lun-sab 8.30/15.30 e 20/22 (ristorante)
Come arrivare Dalle tangenziali seguire le indicazioni per il centro città (zona Castello Sforzesco). In metro M1 Linea Rossa fermata Conciliazione
Contatti 02 467447
info@rossanaorlandi.com
www.rossanaorlandi.com

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Loft: lo spazio contemporaneo


A Milano, ai margini di una zona residenziale, sorgeva una fabbrica dismessa.
Un intervento radicale di rifunzionalizzazione del 2005 ha previsto la suddivisione dell’immobile in unità variamente costituite.
Tra di esse, questo piccolo loft, di fatto, in pianta racchiuso in un quadrato di 8 metri per lato, escludendo la grande loggia su strada, con un’altezza interna al limite della possibilità di considerarla “doppia altezza”.
L’obiettivo del progetto è stato di realizzare una distribuzione interna che consentisse la perfetta identificazione delle diverse aree funzionali ma che mantenesse intatta la sensazione di spazialità unica, consentendo sempre una visione d’insieme, valorizzata dalla percorrenza dello spazio e della posizione dell’osservatore.
Lo spazio, trattato uniformemente dal punto di vista dei materiali e della scelta dei colori, è articolato su due livelli nella parte che si incontra all’ingresso, mentre è “a tutta altezza” verso le grandi porte–finestre che aprono l’accesso alla loggia, quasi un prolungamento dell’ambiente interno.
Il livello più alto è realizzato come un semplice assito in legno massello di castagno su struttura in ferro smaltato con un colore soft per alleggerirne la presenza; le doghe di cui è costituito il piano di calpestio/soffitto sono maschiate, così da risultare strutturalmente una piastra unica e da limitare i movimenti tipici di un materiale vivo come il massello.
Un interessante accorgimento per una migliore fruizione dello spazio è stata la passerella antistante pensata ad una quota più bassa rispetto al resto.
Il parapetto è quasi trasparente.
L’accesso al livello alto avviene con una scala pure in ferro. Posta in posizione quasi centrale e, costituendosi, al piano alto come un “vuoto”, amplia la percezione dello spazio nella zona studio che sembra comprendere lo spazio fino al muro della cabina armadio, elemento separatore e unico “pieno” sottolineato dal differente colore.
Nello spazio sottostante le diverse funzioni a giorno si realizzano anche attraverso mobili realizzati su disegno con finitura poliuretanica laccata lucida, così da risultare quasi riflettenti.
La zona del bagno è volutamente mimetizzata anche attraverso la porta raso muro trattata come le pareti. Il trattamento dei muri è realizzato con grassello di calce ecologico e traspirante. I pavimenti sono in resina metallizzata con finitura marezzata molto brillante. La brillantezza conferisce allo spazio la magia della riflessione e della luce che si diffonde senza determinare forti contrasti.

ARCHITETTI ANDREA TARTAGLIA E ALESSANDRA UBERTAZZI
Andrea Tartaglia, nato a Novara nel 1972 e laureato al Politecnico di Milano nel 1996, da subito, avvia l’attività professionale con Alessandra Ubertazzi, nata a Milano nel 1972 e laureata al Politecnico di Milano nel 1996. È socio dello Studio Tartaglia Partnership e professore al Politecnico dove svolge attività di ricercatore presso il Dipartimento BEST. Alessandra Ubertazzi è socia dello Studio Ubertazzi. Dottore di ricerca e professore incaricato dal 2004 all’Università degli Studi di Firenze e al Politecnico di Milano, oltre all’attività di progettazione, ha svolto ricerche e consulenze nell’ambito della pianificazione urbana per diversi enti pubblici tra cui il Comune di Milano e il Comune di Lodi.

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sabato 26 luglio 2008

Technorati Profile

giovedì 24 luglio 2008

Carnaby: il top del design lombardo


Carnaby, storico showroom di Lissone, studia lo stile di vita contemporaneo, sviluppando una gamma di prodotti per arredare con un design sia classico sia innovativo.
L'azienda presenta un servizio a 360 gradi, dalla progettazione alla consegna, fino al montaggio dell'opera finita, garantendo un'assistenza costante in tutte le diverse fasi di lavorazione.
Protagonisti dello stile sono oggetti d'arredo di alta qualità e una ricerca di soluzioni innovative di altissimo design per tutta la casa.
In Italia e all'estero Carnaby offre la sua consulenza specializzata ad una clientela raffinata ed esigente con lo scopo di creare spazi abitativi unici ed esclusivi.

VISITARE "CARNABY"
Genere Arredamento
Dove Lissone via Valassina, 350
Orari dalle ore 10 alle ore 19
Come arrivare Nuova Valassina (SS36) uscita Seregno Sud
Contatti 039 4832679;
info@carnaby.it;
www.carnabysrl.it


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"D3": il sistema modulabile"D" al cubo


La filosofia del “sistema modulabile D al cubo” (D3) attraverso esempi concreti.
Il primo riguarda la ristrutturazione di un appartamento situato in un edificio degli anni ‘60 dell’hinterland milanese di 45 mq.
Al primo incontro, la committente mi fece questa semplice richiesta: “architetto, l’appartamento è piccolo, ha solo due stanze più servizio. Mi piacerebbe recuperare un “salottino” mantenendo se possibile distinte le altre funzioni, senza perdere i pochi spazi a disposizione che l’appartamento offre o dovere fare troppe rinunce alle mie abitudini.”
Progettare in dimensioni contenute comporta spesso uno sforzo maggiore, in quanto l’esigenze “dell’abitare” non variano al variare della dimensione disponibile.
Si è allora pensato di unire i due locali e fare ruotare le funzioni attive intorno a un centro passivo, “la zona notte”, cercando un’emozione nel girare l’angolo di ogni funzione. L’effetto desiderato, ed atteso, è stato quello di scoprire poco alla volta e con nuove prospettive, il poco spazio a disposizione, dando più enfasi alla “sorpresa” e creando la sensazione di maggiore spazio.
Ciò è stato reso possibile anche grazie all’inserimento del sistema modulabile predetto, oltre ad un gioco di controsoffitti portanti in cartongesso che ne hanno aumentato i volumi contenitivi.
La vecchia camera da letto è quindi diventata il “salottino” atteso dalla committente che ha cosi recuperato la stanza che le mancava. Una quinta raggruppabile e scorrevole a soffitto ed il divano che si trasforma in letto a due piazze per l’eventuale necessità, permettono massima flessibilità agli spazi giorno e notte qualificandoli nell’una o nell’altra a seconda dell’uso. Il centro fisico intorno al quale gira il sistema funzioni è quindi il letto e la relativa cabina armadio sottostante.
Nonostante l’altezza interna sia solo di 2,98 m, “D al cubo” permette il contenimento dimensionale in soli 5,75 mq, recuperando gli altri 9,50 mq originariamente appartenenti alla camera da letto.
Il locale bagno è stato ampliato con l’inserimento di una doccia – vasca attrezzata con radio, telefono, bagno turco e idromassaggio e i sanitari riorganizzati con un piccolo giardino Zen. Il lavabo è stato spostato nel vecchio disimpegno d’ingresso con il risultato cercato di creare un “di là” che potesse permettere grazie alle funzioni benessere, un piacevole e prolungato soggiorno anche in uno spazio generalmente di servizio e poco confortevole.

L'ARCHITETTO GABRIELE IGNAZIO BOCOLA
Gabriele Ignazio Bocola nasce a Milano nel 1967, dall’unione di Olga e Francesco, una ex campionessa italiana di danza su ghiaccio e da un progettista nautico e designer, si laurea a Milano presso il Politecnico Facoltà di Architettura e Società nel 1995, dove attualmente lavora in parallelo all’attività professionale come cultore della materia (Tecnologia per l’igiene edilizia e ambientale - Tecnologie dell’Architettura). è socio fondatore insieme all’arch. Giorgio Carizzoni e l’arch. Francesco Dolce dello Studio Associato d’Architettura itredi - www.itredi.com - nel quale svolge intensa attività professionale volta allo sviluppo di progettazioni di interni ed esterni sostenibili e biocompatibili.

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sabato 19 luglio 2008

Dimore d’epoca curate in tutti i dettagli

Gli edifici nascono o rinascono. Nel secondo caso si può scegliere di farli assomigliare al preesistente oppure si può decidere di cambiare radicalmente rotta.
La prima possibilità è certamente più complessa ma può dar luogo ad un recupero del passato che lascia folgorati.
Come nel caso di questa villa della fine del '800, a Varese, frutto dell'ingegno dei “maestri comacini", gli artisti che si spargevano dal territorio comasco per la Lombardia, l'Italia settentrionale, centrale fino al centro dell'Europa, per esercitare l'arte dell'architettura, della statuaria, della scultura, della pittura e dell'ingegneria.
Il recupero dell'abitazione è stato firmato dallo studio di architettura Bottinelli, formato dall'architetto Renzo e dalla figlia Giada.
“La proprietà desiderava recuperare il più possibile la struttura esistente ed il nostro progetto ha seguito questa volontà.”
La dimora tra l'altro non presentava all'inizio un ottimo stato di conservazione.
Quali sono stati gli interventi significativi? “L'ampliamento ed il recupero del sottotetto, il tutto nel tentativo di ottenere un effetto non invasivo, ma armonioso e rispettoso dell'architettura originaria, con intonaco veneziano che riprende la tinta dei mattoni esistenti.
Oltre ad una significativa ristrutturazione impiantistica e strutturale con l'inserimento di putrelle in ferro e rinforzi dei solai, il tutto mascherato da elementi in cartongesso completi di cornici, sempre a richiamare il gusto dell'epoca.
Da notare la scelta di mantenere al piano rialzato la scala esistente, trasformandola in una sorta di parete attrezzata multifunzione. Nell'antico rinato si nasconde una grande componente tecnologica: il vano scala completo di ascensore con accesso diretto alle proprietà e i serramenti con caratteristiche d'isolamento acustico e termico superiori alle richieste di legge.”
Il risultato è una prestigiosa villa bifamiliare incorniciata tra lo splendido panorama del lago da un lato e del Monte Rosa dall'altro.
Contatti: Studio di Architettura e urbanistica Bottinelli Renzo e Giada; 0332. 235561; architettibottinelli@fastwebnet.it.

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X, Y, Z: l’inclinazione del muro su tre assi

X, Y e Z è il nome ed il principio progettuale della ristrutturazione interna di un appartamento nel centro di Milano.
Un nome curioso che deriva dalla parte centrale del progetto, vale a dire l’inclinazione sui tre assi di un muro porta oggetti che, all’interno dell’ambiente, diventa al tempo stesso oggetto d’arredamento funzionale e sfondo d’effetto per l’area della zona giorno.
La necessità è conciliare la funzionalità e l’utilizzo degli spazi insieme all’estetica del disegno architettonico. La progettazione rispetta in parte la distribuzione interna preesistente ma risolve l’esigenza di ingrandire gli ambienti dei bagni e di dare identità alle stanze.
Nello specifico, la volontà del cliente era di avere nello stesso ambiente un mobile per l’oggettistica ed uno sfondo d’effetto per il grande spazio del soggiorno-sala.
L’unione delle due esigenze ha portato alla realizzazione di un muro-contenitore la cui particolarità e’ l’inclinazione sui due assi x e y -in pianta- e z -in alzato.
Questo consente lo sfruttamento massimo dello spazio sia dalla parte del soggiorno con grandi nicchie, sia dalla parte del bagno e del corridoio interno.
Altro fulcro progettuale è il disimpegno, luogo solitamente poco evidenziato, ma in realtà essenziale per la distribuzione. La fila di luci a soffitto è in continuità con il taglio sulla parete di fondo.
Questa linea, insieme al disegno a barre verticali dato dalle ante delle armadiature a tutta altezza, fa del disimpegno non un semplice collegamento ma un luogo con una forte identità.
Il risultato è un luogo sfruttabile ed anche esteticamente piacevole.
Altra nota caratterizzante del progetto è la personalizzazione dei due bagni per lui e per lei. La diversità è resa con scelte di materiali e di colori differenti, che diano sensazioni diverse a chi vi entra.
Sono entrambi ambienti intimi, in comune hanno la posa del tek a pavimento: accostato a pietra antracite e smalto perlato nell’un caso, a mosaico e smalto opaco nell’altro.
E’ così che la struttura dello spazio insieme agli accostamenti di materiali e colori e, non ultimo all’illuminazione, costruiscono il progetto e mostrano il carattere di chi lo vive.


M2a Studio di Architettura
Dall’unione di studi comuni ma di esperienze lavorative e formative differenti, nasce lo Studio di Architettura M2a degli architetti Chiara Mangiarotti ed Alessandro Mingolo.
La diversità consente un’integrazione di conoscenze ed un confronto che permette la realizzazione di progetti a scale differenti.
Lo studio presta una grande attenzione alla presentazione del progetto sia dal punto di vista grafico che tridimensionale.
Contatti: M2a Studio di Architettura, piazza Baiamonti 3, Milano, emmeduea@gmail.com; it tel-fax 02.36508208

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martedì 15 luglio 2008

Il primo esempio di bioarchitettura in Italia


Edifici a risparmio energetico: il primo esempio di edilizia privata realizzato con criteri di biosostenibilità ambientale risale al 1998.
L'architetto Maria Elisa Villa ha realizzato 10 anni fa un complesso residenziale a Caponago con tecnologie costruttive e materiali di bioedilizia.
Laureata nel 1981 al Politecnico di Milano, l'architetto Villa ha svolto per anni l'attività soprattutto nel settore interni.
Esperta in ecologia dell'architettura, vanta un’esperienza professionale di progettista e direzione di lavori di costruzioni e ristrutturazioni ecologiche e biocompatibili.
"Da più di 10 anni propongo in prima persona la bioarchitettura nell’hinterland milanese, sostenendo la sensibilità di alcuni committenti con progetti e realizzazioni sia di edifici uni-plurifamiliari che di edifici terziari. Nel caso di Caponago ho affiancato una società immobiliare disposta a costruire il condominio, un complesso di 16 appartamenti in villa, primo esempio di bioedilizia non solo sul territorio brianzolo ma probabilmente italiano."
Una scelta quella di progettare secondo parametri di bioclimatica e feng-shui e costruire in bioedilizia che premia nella qualità dell’abitare la volontà del committente di avere una casa sana.
Qual è la sua filosofia? "La casa è come la nostra terza pelle: deve essere un involucro che, costruito con tecnologie, materiali e impianti ai fini del minor fabbisogno energetico, garantisca non solo il comfort termico e acustico ma soprattutto il benessere psico-fisico dell’ambiente abitato.
L’impiego del mattone e della calce, anziché il cemento per le murature, il legno per le strutture orizzontali ed il tetto, gli isolanti in materiali naturali (sughero, fibra di legno, kenaf)” e le finiture (vernici e pitture di muri e pavimenti) con trattamenti di bioprodotti sono scelte da valutare in fase di progetto in combinazione con un’impiantistica ecosostenibile (impianto di riscaldamento a bassa temperatura, riciclo acque piovane, etc) che impieghi quanto più possibile energie da fonti rinnovabili.”
Contatti:
039.6049442
sinergiehabitat@tiscali.it
www.bioabitare.it
02.4699100

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Un appartamento nel centro di Mosca con un'impronta tutta italiana


Un’occasione davvero stimolante!
E per di più in un edificio di nuova costruzione nella zona storica di una città così unica e affascinante.
Inizialmente sono soprattutto incuriosita dal sapere come l’impresa locale abbia progettato il lay-out dell’appartamento: distribuzione interna articolata in molte stanze, senza allineamenti dettati dalla struttura portante perimetrale, spazi tutti facilmente raggiungibili da un disimpegno centrale.
Al di là dei miei commenti, il progetto non corrisponde alle esigenze del cliente, una coppia sposata senza figli, proprietari di una casa editrice.
La loro richiesta è infatti particolare per un taglio di appartamento del genere (250 mq): oltre ad un grande soggiorno, una sala da pranzo, una cucina e due stanze-studio, vogliono una spaziosa zona notte composta da una sola camera da letto, una cabina armadio e un bagno padronale.
L’appartamento ha una forma per nulla regolare ed un’ottima esposizione proprio nella parte dove loro vorrebbero la zona notte.
Il compito è arduo ma accattivante: c’è bisogno di un’idea forte che caratterizzi questo luogo! L’obiettivo di progetto diventa pertanto armonizzare lo spazio nella sua totalità attraverso un percorso funzionale che colleghi le varie stanze: una spina dorsale “sinuosa” che partendo dall’ingresso arrivi fino alla stanza più lontana, il bagno padronale, pur mantenendo tre aree funzionali separate, cucina-sala da pranzo, soggiorno-studio e zona notte.
Per queste finalità ho scelto di utilizzare una parete sinusoidale che, in alcune parti, è doppia per essere adibita a diverse funzione come quella di armadio, libreria e nicchia luminosa dove poter esporre sculture vasi o altri oggetti, e in altri parti é solo una quinta di separazione.
Dall’ingresso seguendo questo percorso armonioso incontriamo un'altra stanza importante della casa, il soggiorno, caratterizzato da un camino libero su tutti i lati in posizione asimmetrica, per essere ben visibile anche dall’ingresso e inserito in un gioco di lame di controsoffitti a diverse altezze, da una parete in legno con funzione di luogo tecnologico che crea una superficie unica con il pavimento e da pannelli espositivi staccati dal muro e retroilluminati.
Questo elemento di progetto particolarmente forte, studiato anche nelle sue minime finiture, culmina nella stanza da bagno, luogo assai importante per i russi, e nello specifico in un piatto doccia dalla forma a “chiocciola”, come a rappresentare un luogo ameno e protetto dove rifugiarsi.

L'ARCHITETTO RAFFAELLA BERNASCONI
Nata a Como nel 1975, si laurea in architettura nel 2003 presso il Politecnico di Milano. Partecipa a concorsi ed ad un workshop di design della Castelli-Haworth, lavorando con Nic Bewick (Studio & Partners). Collabora con lo Studio d'Architettura Serena Anibaldi di Milano, curando la progettazione d'interni di barche a vela, appartamenti di alto livello e negozi. Dal 2005 e' iscritta all'Ordine degli Architetti di Como e lavora come libero professionista tra Como e Milano con gli architetti Carlo Bernasconi e Silvia Bonfiglio realizzando interventi di ristrutturazione d'interni, arredamenti su misura e allestimenti di negozi e locali.
Via Rienza 67, Como
031.303008;
via Melzo 9 Milano
r.bernasconi@libero.it

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venerdì 11 luglio 2008

Swing house: villette “quasi” a schiera

Siamo a Ruginello, frazione di Vimercate, qui si sviluppa un complesso residenziale di dieci unità progettato dall’architetto Laura Rocca dello studio Roccatelier.
Il progetto si preoccupa di risolvere con un corretto inserimento ambientale le possibilità di cubatura prendendo come idea forza il rispetto del cannocchiale visivo che il frastagliato frontespizio del confine ovest crea in direzione del campanile della chiesa di Ruginello.
Un altro spunto progettuale è venuto dal profilo delle montagne addolcito appena dalle sinuose colline prealpine.
La ricerca ruota attorno al tema della la villetta a schiera tradizionale. Si tentano soluzioni spaziali nuove che vorrebbero esprimere la complessità e la dinamicità della società moderna, anche nell’uso dei materiali e delle tecnologie utilizzate.
Predominano i volumi tondeggianti, come lo sfondo del paesaggio suggerisce, ma anche l’abside della chiesa di Ruginello. Il dislivello naturale che il terreno presenta, oltre un metro e mezzo, viene mantenuto prendendo come quota zero la strada più alta, realizzando box completamente interrati con uscita carrabile sulla nuova strada di lottizzazione lasciando libero superiormente un sinuoso percorso pedonale lungo il quale si snodano gli accessi alle abitazioni.
La parte bassa della facciata è rivestita in sasso di fiume e il senso di orizzontalità viene sottolineato da fasce orizzontali in cemento prefabbricato.Una specie di fortino alla privacy familiare, una famiglia che ha a sua disposizione uno spazio protetto, individuale, a giardino oppure, nel caso degli appartamenti in alto, un ampio terrazzo. Le aperture e le finestre sono posizionate in modo che nessuno possa guardare nel giardino del vicino.
Il complesso abitativo non si presenta con un prospetto principale, uno secondario e due laterali, ricerca la complessità, la poesia del non finito, di un’architettura in crescita, quasi volesse annunciare fin dal nascere la sua capacità di rispondere nel tempo ad ogni nuova esigenza dei suoi fruitori.
Contatti: www.roccatelier.it

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La terza dimensione della zona notte

La qualità ergonomica non è un attributo dell'oggetto ma è un attributo dell'uso dell'oggetto in un determinato ambiente.
In questa definizione la filosofia del “sistema modulabile D al cubo” (D3) trova applicazione concreta attraverso l'individuazione di esigenze accomunabili, osservate in dodici anni di attività professionale.
Parlare di ergonomia in tempi di globalizzazione e di standardizzazione potrà sembrare anacronistico, ma flessibilità, funzionalità, adattabilità e sostenibilità, sono diventate regole imposte dal quotidiano nella società alla quale apparteniamo.
Accade spesso che i clienti si rivolgono allo studio per lamentare la volontà di riorganizzare gli spazi del loro immobile o semplicemente per adattarlo alle loro esigenze. Ma tra le personali richieste, ve ne sono alcune che rimangono unico denominatore comune.
Ed è proprio su queste che si sono approfondite specifiche possibilità di sfruttamento dello spazio, usando uno strumento di progettazione integrata, capace di sviluppare al meglio l'ergonomia dell'utente finale.
Questi alcuni degli aspetti che hanno portato alla sperimentazione di un arredo modulabile che permettesse di reinterpretare lo spazio confinato in modo più attento all'ergonomia del singolo individuo.
Queste alcune delle ragioni per le quali si è voluto scegliere il letto come elemento di studio. Si è partiti dalle misure riconosciute come standard applicate ad un cubo, rimodellandone poi quelle possibili sulle specifiche dimensioni antropiche, nel rispetto di tutte le componenti di sicurezza, salubrità e comfort.
Un po' come il sarto opera nell'imbastitura di un abito su misura. Il risultato finale è una serie di svuotamenti geometrici e sovrapposizione che permettono di sfruttare lo stesso volume, generando un nuovo sistema di relazioni attraverso le molteplici funzioni che ricompongono la geometria iniziale.
La funzione portante della “comune rete” è affidata ad una cornice in ferro appoggiata in più punti che scaricano a terra le sollecitazioni statiche e dinamiche, garantendo stabilità e sicurezza.
Il sistema si presta per essere utilizzato come isola indipendente o come elemento integrato in una progettazione più approfondita. Di fatto concentrando più funzioni in una stessa geometria il “risparmio”, non solo dello spazio totale è garantito.
Per meglio comprendere la modularità del sistema, nei prossimi numeri, analizzeremo due esempi realizzati, dettati da esigenze e contesti differenti.


Lo studio di architettura Officina
Gabriele Ignazio Bocola nasce a Milano nel 1967, dall'unione di Olga e Francesco, una ex campionessa Italiana di danza su ghiaccio e da un progettista nautico e designer, si laurea a Milano presso il Politecnico Facoltà di Architettura e Società nel 1995, dove attualmente lavora in parallelo all'attività professionale come cultore della materia (Tecnologia per l'igiene edilizia e ambientale - Tecnologie dell'Architettura).
È socio fondatore insieme all'Arch. Giorgio Carizzoni e l'Arch. Francesco Dolce dello Studio Associato d'Architettura itredi ))) - www.itredi.com - nel quale svolge intensa attività professionale volta allo sviluppo di progettazioni di interni ed esterni sostenibili e bio compatibili.

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martedì 8 luglio 2008

Certificazione energetica degli edifici: chi è un professionista e chi invece cavalca l'onda


Lui chi è?
Sono un certificatore energetico, non ho ancora un anno, sono piccolo, non so ancora camminare e non ho visto il mondo, ma ho tanta buona volontà e ho superato il corso di formazione.
Il mio compito è nobile, rilascio un certificato, un documento, da cui è possibile capire come è realizzato, dal punto di vista dei consumi, un edificio.
Si potrebbe paragonare alla targhetta colorata che troviamo attaccata negli elettrodomestici in vendita e da cui riusciamo a capire, in base alla lettera e ai colori, se quell’elettrodomestico consuma molto o poco.
Delle abitazioni calcolo quanta energia consumano e quindi quanta anidride carbonica emettono in atmosfera, da una parte combatto l’inquinamento e dall’altra faccio risparmiare la gente; non è semplice, devo controllare l’isolamento che è stato inserito nelle pareti, nel tetto, la caldaia, il condizionamento estivo, l’ascensore, l’illuminazione, l’uso di energie rinnovabili come il sole e la terra dalla quale si può estrarre calore gratuito.
È un lavoro dinamico, resto in ufficio solo per fare i conti energetici poi sono nei cantieri a controllare l’isolante se è della qualità descritta in progetto, la posa dei serramenti, l’isolamento dei balconi... insomma un mondo affascinante, stimolante che appassiona.
Lui chi è?
Sono un certificatore energetico, ho superato il corso di formazione. Prima mi occupavo di altro ma ora sono un certificatore energetico.
La materia è semplice, si inseriscono tutti i dati nel programma di calcolo e si ottiene il risultato.
È un lavoro che rende e sono arrivato al momento giusto, c’è ancora molta confusione e i controlli non esistono.
Con i miei committenti ho un ottimo rapporto, quasi tutti vogliono la certificazione energetica in classe A e ormai sono diventato bravo nell’uso del programma e riesco quasi sempre ad accontentarli. Vorrei andare in cantiere a vedere cosa succede, ma non ho tempo, ho tanti certificati da preparare e poi non è obbligatorio.
Sicuramente tutto quello che ho scritto nel certificato, quanto isolante, dove e come posarlo, verrà fatto in cantiere, non ho dubbi, poi al massimo anche con un po’ di isolante in meno è sempre meglio di una casa di vent’anni fa.
Bisogna cavalcare l’onda, è il momento giusto e io ho superato il corso di fomazione, sono un certificatore energetico.

L'ARCHITETTO FRANCESO CLAUDIO DOLCE
Francesco Claudio Dolce è docente presso il Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società, (Tecnologie per l'igiene edilizia e ambientale - Tecnologia dell'architettura).
Libero professionista, Studio Associato d'Architettura i3D (www.itredi.com) a Milano.
Da sempre alla ricerca di innovative soluzioni architettoniche atte a garantire un efficace risparmio energetico nel campo dell’edilizia civile, l'architetto Dolce ha curato diverse progettazioni di edifici certificati, tra cui recentemente il primo edificio plurifamiliare certificato A da CasaClima a Milano.

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sabato 5 luglio 2008

Ostaggi liberati


A cosa serve una casa?
È un rifugio, un riparo. Le abitazioni, per molti secoli, hanno assolto a questo compito; è solo negli ultimi cinquant’anni che si inizia timidamente a parlare di benessere e si pretende che sia fornito dagli edifici.
Sino alla prima crisi petrolifera del 1973 tutto procedeva a gonfie vele; superficialmente ed inconsciamente progettavamo e costruivamo edifici, divoratori di energia, chiaramente energia non rinnovabile.
Da quella data, l’Europa, per ultima l’Italia nel 1976, si è preoccupata di limitare il consumo di combustibile per riscaldamento e ogni quindici anni abbiamo assistito all’emanazione di nuove norme per il risparmio energetico, sino ad arrivare a una pianificazione che ci accompagnerà sino al vicino 2010.
Questa opportunità non dobbiamo lasciarcela scappare, noi professionisti dobbiamo lottare per essere attori principali di questa trasformazione, per progettare in team edifici che emanino benessere, positività, fiducia nel futuro. La sensazione che si respira è di essersi liberati dal petrolio e da tutte le energie non rinnovabili che sino ad oggi abbiamo dovuto usare per far funzionare i nostri edifici.
Che il prezzo al barile aumenti pure! Energie obsolete, sporche, che appesantiscono la digestione, che inquinano e che stanno finendo. Si è aperta una nuova era, l’uscita dal tunnel della dipendenza è tracciata, è visibile, è reale.
È alla portata degli evoluti, di tutti coloro i quali pensano che ci sia sempre da imparare, che sanno ascoltare e apprendono velocemente senza che le informazioni sedimentino troppo e che non vedono l’ora di applicarle.
Il progetto non deve essere efficiente solo nella forma ma anche nella sostanza; il team di progettazione integrato risulta essere oggi l’unico strumento in grado di garantire un eccellente risultato. Il gruppo di progettazione deve essere però culturalmente omogeneo e motivato nel far bene e nel perseguire il fine comune di costruire un edificio architettonicamente valido e funzionalmente efficiente.
Gruppi disomogenei, con forti individualità non consentono un dialogo aperto e sincero, sprecando energie a causa di un obiettivo comune assente. Queste considerazioni mi sono dettate dall’esperienza di molti progetti e non da una definizione astratta del progetto ideale. Ho potuto constatare che prima i progetti, e poi l’esecuzione, di edifici progettati con passione da tutti gli attori hanno portato ad un abbattimento drastico delle varianti, degli imprevisti e soprattutto dei tempi di esecuzione.
Come professionista mi sento privilegiato ad assistere e ad essere presente a un cambio culturale di questo livello, che sta rivoluzionando l’intero comparto immobiliare ed edile. Come docente vedo negli sguardi dei miei studenti una sete infinita; quando questi concetti vengono approfonditi in ambito universitario, le domande invadono i tempi di lezione, le esercitazioni si prolungano per approfondimenti, è una sensazione stupenda, tutto ciò significa che il tema è sentito e che le nuove leve progetteranno naturalmente edifici sostenibili magari totalmente autosufficienti.


L’architetto Francesco Claudio Dolce
Francesco Claudio Dolce è docente presso il Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società, (Tecnologie per l'igiene edilizia e ambientale - Tecnologie dell'architettura).
Libero professionista, lavora nello Studio Associato d'Architettura i3D (www.itredi.com) a Milano.
Da sempre alla ricerca di innovative soluzioni architettoniche atte a garantire un efficace risparmio energetico nel campo dell’edilizia civile, l'architetto Dolce ha curato diverse progettazioni di edifici certificati, tra cui recentemente il primo edificio plurifamiliare certificato A da CasaClima a Milano.

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venerdì 4 luglio 2008

Lo spazio è una questione relativa


I giovani single hanno voglia di casa.
Come conciliare il desiderio di indipendenza con le possibilità del portafoglio, sempre più limitate visto i prezzi degli immobili? Riducendo gli spazi.
Ma come organizzare l’ambiente di un alloggio che possiede una superficie di neanche 40 metri quadrati? “Ho curato un progetto di una mia cliente per un appartamento di 35 - ci spiega l’architetto Chiara Salvini - all’interno di un edificio a corte con distribuzione a corridoio.”
La soluzione abitativa presenta una singola esposizione a sud sul cortile.
Le richieste espresse dalla cliente, trentenne alle prese con la sua prima casa, erano di avere un vano cottura isolabile dal resto dell’appartamento e la zona giorno separata dalla zona notte.
Il problema distributivo consisteva nel singolo affaccio per un appartamento lungo e stretto (7x5 m) con ingresso non baricentrico.
“La sfida è stata quella di sfruttare positivamente le caratteristiche di luminosità e lunghezza dell’appartamento, e di garantire, al tempo stesso, una suddivisione tradizionale degli spazi (cucina, zona giorno e zona notte).
Il progetto si basa sull’identificazione di due zone funzionali: servizi (cucina/ingresso, bagno, cabina armadio) e living (soggiorno/pranzo, camera).
Il diaframma tra queste due aree si riduce ad un muro, cui si è dato un certo rilievo tinteggiandolo di un giallo intenso.” Il singolo lato di affaccio e la superficie inferiore ai 70 mq hanno permesso di collocare la “fascia di servizio” sul lato cieco ed è stata ottenuta la cabina armadio risultata dal dimensionamento dei due servizi primari.
“In un appartamento così piccolo, la cabina armadio si è rivelata sicuramente vantaggiosa. Al vano cottura è stata assegnata anche la funzione d’ingresso: un rilassamento portante, oltre ad offrire un ripostiglio in quota, sottolinea una dimensione più raccolta e di passaggio, proiettando direttamente verso il soggiorno.”
La parte più ampia e luminosa dell’appartamento è dedicata al vivere. “Per mantenere la continuità dello spazio, la suddivisione tra zona giorno e zona notte si riduce ad una libreria, alta 3,30 mt, aperta su entrambi i lati.
Il passaggio tra le due aree ha l’ampiezza di una porta; questo permette di non traguardare, dal soggiorno, il letto e concedere riservatezza alla parte più intima della casa.
Il muro giallo sottolinea la lunghezza dell’appartamento e conduce attraverso diversi ambienti, come il corridoio di un vagone ferroviario”.
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