martedì 29 giugno 2010

Alberto Abruzzese e l'arte dell'abitare



di Daniela Paola Aglione

"Il grande pensiero politico che ha investito tutto l’Occidente s’incardina sulla polis greca, sulla civitas romana e poi sulla città Rinascimentale. Riflettere su questi passaggi pone immediatamente un’attenzione sulla politica come arte del territorio, dell’abitare e quindi delle arti e degli strumenti con cui si governa un intero territorio." Queste le parole dette dall'enigmatico sorriso del grande intellettuale Alberto Abruzzese, prima di sparare a zero sull'esperienza metropolitana italiana, definita un disastro politico e culturale.

A differenza delle metropoli straniere europee, le poche popolose città italiane non hanno avuto le condizioni ideali per vivere la grande trasformazione: superficie estese, grandi risorse, convergenza di masse popolari da diversi angoli dello stato o dall'estero.

L'esperienza metropolitana è stata vissuta attraverso l'esperienza di spettatore televisivo. L'offerta maggiormente estesa (...) dei canali con l'arrivo di Mediaset accanto al monopolio Rai, ha potuto far vivere al cittadino-spettatore lo spettacolo della molteplicità: nuovi territori, nuove geografie, lo "straniero", l'altro, esempi di vite e di culture... tutte esperienze vissute nel concreto a Londra o a Parigi, ma che in Italia si sono consumate davanti alla scatola da salotto.

Benché in qualche modo originale, la portata culturale e sociale del fenomeno si è rivelata pressoché un disastro: il cittadino-spettatore si è presto trasformato in consumatore; la politica italiana, già debole di suo, ha fatto emergere figure carismatiche ad ampio consenso per la sola qualità di rappresentarne lo stereotipo attraverso un linguaggio parlato, gestuale, immaginifico, conforme ad un linguaggio - quello televisivo - che nel bene o nel male aveva fatto scuola. A volte letteralmente.

Leggi tutta l'intervista di ALBERTO ABRUZZESE SU HOUSE LIVING AND BUSINESS

venerdì 18 giugno 2010

Ciclo di incontri - Ideecostruttive work in progress*2

Dal caos del linguaggio delle idee alla trasparenza
delle scelte condivise sulla cultura dell’abitare.


Mercoledì 23 giugno 2010 ore 18,00 Legambiente di Milano (Via G. Vida 7)
Ingresso Libero per accreditarsi inviate una mail a House Company Edizioni

Ne discutono
CLAUDIO DE ALBERTIS Presidente Assimpredil
LORENZO FABIAN Docente di Urbanistica IUAV
ANDREAS KIPAR Presidente Green City Italia
UGO LA PIETRA Architetto, Artista, Designer
GIANNEGIDIO SILVA Presidente Metropolitana di Napoli
CARLO VALTOLINA Presidente del Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano
FRANCESCO ARECCO Avvocato, esperto di Energia ed Ambiente
ANDREA POGGIO Presidente Fondazione Legambiente Innovazione

Nell’occasione sarà presentato il Concorso Nazionale (1a Edizione)
“ECOHOUSING ART - Premio IMMOBILIARE 2011”
Giovanni Pivetta, direttore editoriale HOUSE COMPANY
Greta La Rocca, coordinatrice editoriale

A partire dalla green economy e dall’ecosostenibilità ambientale ci si interroga sul senso dell’abitare. È partito l’11 giugno dalla Triennale di Milano un ciclo d’incontri,
*il laboratorio dell’Industria dell’Abitare, che farà tappa nelle principali città italiane per tutto il 2010 per discutere con i protagonisti, intellettuali - professionisti - imprenditori, sulle trasformazioni delle forme dell’abitare. Con aperture, scambi e contaminazioni tra Energie alternative, Urbanistica, Sociologia, Eco pensiero, Architettura, Design, Edilizia, Costruzioni, Real Estate, Tecnologia, Arte, Arredamento, Cultura verde.

Perché è appena iniziata un’epoca nuova contrassegnata da profondi mutamenti e processi innovativi, in via di sviluppo, che stanno rapidamente trasformando i caratteri prevalenti di concezione urbanistica della città, di un approccio ecologico nella sostenibilità ambientale, di investimento immobiliare, metodologia costruttiva e filosofia abitativa.
Mettiamo l’accento sulla visione dell’ambiente naturale e dell’ambiente costruito come motore di una nuova economia. Diventiamo a livello europeo e internazionale il laboratorio per la ricerca e la realizzazione dell’edificio e della casa ecosostenibile del futuro, dell’innovazione nel design e nell’arredamento per un’ecologica integrazione abitativa.

» Lunedì 5 luglio 2010 Sede 3M ore 18,00
Ideecostruttive work in progress*3
» Mercoledì 14 luglio 2010 Design Library ore 21,00
Ideecostruttive work in progress*4
» Mercoledì 21 luglio 2010 Design Library ore 21,00
Ideecostruttive work in progress*5
* il laboratorio dell’Industria dell’Abitare

Grazie per la sua partecipazione
A presto

Daniela Paola Aglione Coordinatrice del Concorso
Silvia Pirovano Segreteria del Concorso
Greta La Rocca Coordinatrice Editoriale

http://www.immobilia-re.eu
http://www.ecohousing-art.it
http://www.housecompany.it
...........................
HOUSE COMPANY Srl
STRATEGIE MARKETING
PER LA COMUNICAZIONE
Largo Repubblica, 7
20057 Vedano al Lambro (MB)
Tel. +39 039 24 99 190
Fax. +39 039 23 24 894

lunedì 7 giugno 2010

Dal caos del linguaggio delle idee alla trasparenza delle scelte condivise sulla cultura dell’abitare




Sono anni che si sente parlare di "eco" "equo" "bio" "kilometro zero" "impatto zero".... usi e abusi più o meno comprensibili, più o meno praticabili. Ciò che risulta reale è il cambiamento epocale che ci sta traghettando verso una nuova era, quella della green economy, che si propone uno sviluppo sostenibile sia per l'ambiente che per la qualità di vita delle persone e degli esseri viventi. Il benessere smette di essere una variabile trascurabile, l'immersione in apnea dentro i meccanismi della vita moderna risultano - appunto - soffocanti.

Le proposte sono molteplici, frammentarie, dedicate ora a questa ora a quella variabile. Per fare un po' di chiarezza e trovare tracce significative per un percorso organico, arrivano sul territorio italiano gli appuntamenti IDEECOSTRUTTIVE WORK IN PROGRESS, un ciclo d'incontri sottoforma di tavola rotonda proposti dal concorso Ecohousing Art, opere e progetti per abitare gli spazi, il concorso nazionale di idee interdisciplinare tra arte, architettura, ingegneria e design che sfida i partecipanti nella realizzazione di opere e progetti per abitare in ecologica integrazione abitativa. Significa pensare al vivere sostenibile, bello, socializzante, integrato tanto con l'ambienta naturale quanto con l'ambiente costruito.

Il primo appuntamento sarà il prossimo venerdì 11 giugno 2010 alle ore 18.00 presso la sala Lab della Triennale di Milano. Si riuniranno attorno al tavolo il padrone di casa Arturo Dell'Acqua Bellavitis, Presidente della Fondazione Museo del Design, Maria Berrini, Presidente di Ambiente Italia, Claudia Bettiol, Presidente di Dyepower, Giuliana Zoppis, Cofondatrice di Best UP, Isabella Goldmann, Direttore del Magazine “Meglio possibile”, Silvio Santambrogio, Presidente del CLAC di Cantù ed infine Giovanni Pivetta, Direttore editoriale HOUSE COMPANY e Daniela Paola Aglione, Coordinatrice del Concorso Ecohousing Art.

A partire dalla green economy e dall’ecosostenibilità ambientale ci si interroga sul senso dell’abitare, sulle declinazioni possibili, attraverso il pensiero dei protagonisti, intellettuali - professionisti - imprenditori, con l'intervento aperto del pubblico, invitato ad intervenire al dibattito con domande, dubbi e proposte.
Obiettivo trasparenza, perché le scelte siano condivise, partecipate, coscienti.

Gli incontri proseguiranno il 23 giugno sempre alle 18.00 presso la sede di Legambiente Milano, dibattono Carlo Valtolina - Presidente del Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, Giannegidio Silva - Presidente Metropolitana di Napoli, Claudio De Albertis - Presidente Assimpredil, il padrone di casa Andrea Poggio - Presidente Fondazione Legambiente Innovazione, Andreas Kipar - Presidente Green City Italia, Ugo La Pietra - Artista, Designer, Architetto. Nuovamente presenti gli ideatori del concorso, Giovanni Pivetta e Daniela Paola Aglione.

Qualche indiscrezione sulle prossime date sta già circolando nella rete, il 29 giugno IDEECOSTRUTTIVE WORK IN PROGRESS sarà ospite presso la Camera di Commercio di Monza e Brianza, il 5 luglio presso l'headquarter di 3M Italia, la nuova sede di Pioltello progettata dal noto architetto Mario Cucinella, presente alla serata. Gli ospiti in programma spaziano dall'innovatore Renato Mattioni, Segretario della Camera di Commercio di Monza e Brianza all'archietto Vittorio Gregotti, dal sociologo Massimo Di Felice, autore del libro appena uscito in italiano "Paesaggi Post Urbani. La fine dell'esperienza urbana e le forme comunicative dell'abitare" ad Andrea Bassi, storico di Design, da Nikos Salingaros autore del famoso libro "No alle Archistar. Il Manifesto contro le Avanguardie". Personaggi che a vario titolo discuteranno sulle nuove forme dell'abitare.

giovedì 29 aprile 2010

ECOHOUSING ART Daniela Aglione

ECOHOUSING ART Daniela Aglione

Il principio responsabilità in Ecohousing Art, opere e progetti per abitare gli spazi



di Daniela Paola Aglione

Da qualche mese è in pista Ecohousing Art, il concorso nazionale di idee che per la prima volta al mondo chiede ai suoi partecipanti di inserire on line i processi creativi.

Artisti Designer Architetti e Ingegneri junior e senior
insieme per immaginare con noi il futuro del nostro paese.
Sono tanti e coraggiosi, perché si stanno già mettendo in gioco nel primo laboratorio di idee - eco - costruttive mostrando a tutto il web le loro idee in fase embrionale.

Ecohousing Art è work in progress, stiamo allungando i tempi di partecipazione per favorire l'adesione di tanti creativi che ci chiedendo più tempo per gestire il lavoro o gli studi con la partecipazione al concorso.

Tutti coloro che ci tengono al proprio futuro possono registrarsi in qualità di giuria popolare, è gratuito e consente di votare opere e progetti e contattare direttamente i creativi. REGISTRATI QUI

SCOPRI QUI OPERE E PROGETTI WORK IN PROGRESS

mercoledì 28 aprile 2010

More with less, parola di Cibic


di Daniela Paola Aglione


Non ama le classificazioni settoriali, Aldo Cibic considera l'arte di progettare un tutt'uno, che siano stili di vita coniugati dalle architetture, che siano interni o complementi che favoriscano l'uno o l'altro modus vivendi.
Nasce a Schio, in provincia di Vicenza, nel 1955. Nel 1977 si trasferisce a Milano per lavorare con Ettore Sottsass, di cui diventa socio nel 1980; l'anno successivo nasce la collezione Memphis di cui Cibic è uno dei designer e fondatori. Alla fine degli anni '80 fonda a Milano la Cibic&Partners. È professore Onorario alla Tongji University di Shanghai.
Coniuga creatività e strategia, anche quando lavora su committenza pensa a cosa gli piacerebbe creare, a cosa serva la creazione e se esiste già. Attraverso il design thinking, riflette sulla società in cui s'immerge l'oggetto creato o la dimensione concepita, creandovi una narrazione attorno.
Nel 1981 viene chiamato da Ettore Sottsass nel gruppo Memphis, che nacque in risposta allo stile minimalista imperante nei primi anni '80. Ancora 22enne, fu rapito dalla dimensione emotiva che stava alla base della filosofia di Memphis, che però lasciò 8 anni dopo per aprire un proprio studio di design, Cibic & Partners.
Alla domanda "Come Memphis l’ha influenzata? Che cosa ha imparato da Sottsass?" risponde: Ho imparato a fare ricerca prima di disegnare e a concepire la ricerca come una pratica quotidiana. Non mi allineo al mercato, ma seguo la mia natura e la mia idea di design. Viviamo in un momento molto interessante, siamo in una fase in cui il modello canonico di disegnare....

leggi tutta l'intervista qui

mercoledì 21 aprile 2010

I nativi digitali bruciano la Carta di Atene


di Daniela Paola Aglione

Massimo Di Felice è dottore in sociologia per l’Università La Sapienza (RM) e dottore in scienze della comunicazione per l'Università di S. Paulo (Brasile), dove svolge anche attività di ricerca e coordinatore del master Reti Digitali ed Eco-sostenibilità.
Coordina il centro di ricerca internazionale Atopos sull’impatto sociale delle tecnologie digitali.
Autore di numerosi saggi e articoli pubblicati in Europa e Brasile, coordina le collane Era digital per l'ed. Difusão e Atopos per Anna Blume.
Ultime pubblicazioni Do Publico para as redes (2008) e Paisagens Pòs-urbanas, O fim da experiência urbana e as formas comunicativas de habitar (2009), in arrivo in Italia e Portogallo.

I nativi digitali sono quelle persone nate in un momento storico in cui sono presenti i più moderni sistemi digitali, dal computer a internet, dagli MP3 ai telefoni cellulari, il tutto diffuso su larga scala, quindi accessibili. La combinazione essere umano + interfaces + territorio comportano una variazione del tipo di approccio tra l'individuo e le nuove geografie dell'abitare. Non sono più le pareti architettoniche a definire la dimensione abitativa, non sono solo le agorà o le strade a definire la movimentazione o la circoscrizione di un determinato luogo.

D'altro canto, i territori digitali consentono una conoscenza ed un senso di appartenenza al luogo che non ha precedenti. Le minoranze etniche hanno voce, la coscienza dei temi legati all'ambiente cresce di pari passo con la diffusione delle reti digitali, la circumnavigabilità del pianeta non conosce confini fisici....

Come stanno cambiando i processi di partecipazione nella costruzione delle città?
Sarà solo una cerchia ristretta a decidere le vocazioni di un territorio, oppure siamo agli inizi di un percorso partecipativo maggiormente democratico?

LEGGI TUTTA L'INTERVISTA A MASSIMO DI FELICE
SUL MAGAZINE HOUSE, LIVINGANDBUSINESS

martedì 20 aprile 2010

La voce critica di Eddyburg: L'Italia è un paese di commedianti



di Daniela Paola Aglione

Principio di responsabilità. E Felicità. Possono coesistere? Architettura e urbanistica, convivono? Le domande, apparentemente banali nella risposta, obbligano a guardarsi attorno prima di rispondere. Responsabilità felice dovrebbe tradursi in rispetto, come anche il dialogo tra architettura ed urbanistica. Rispetto per le persone, per l'ambiente, per le vocazioni del territorio che non possono essere decise solamente sulla base di principi utilitarsitici di un gruppo ristretto di persone, i "prendi" del film Instinct del 1999 con Anthony Hopkins.
Occorre in primo luogo - il vulnus del pensiero di Salzano - che la pianificazione territoriale e urbana diventi il metodo ge­nerale che la pubblica amministrazione adotti, a tutti i livelli (comunale, provinciale e me­tropolitano, regionale, nazionale) per decidere quantità, qualità e localizzazione degli in­terventi sul territorio, secondo procedure trasparenti.
Utopia? No, pensiero di Edoardo Salzano che non ammette l’esistenza di interessi privati nei processi di edificazione e di sviluppo urbano. Il rischio è di trasformare il cittadino in cliente, le città moderne sono "minacciate" da processi conflittuali contrapposti ad interessi privati. E poi c'è la natura, l'ambiente naturale, da un lato minacciato dalle intraprendenze di affaristi senza senso del futuro, dall'altro semitutelata da privati che hanno denaro a sufficianza da potersi permettere un'oasi privata, tutti i problemi restano fuori. L'architettura e l'urbanistica, secondo Salzano, sono espressione della committenza.

Ma chi è Edoardo Salzano, è un uomo che pensa il mestiere dell’urbanista come quello del diplomatico, non ammette l’esistenza di interessi privati. Ha un’idea precisa: la città, le decisioni sulle trasformazioni territoriali vanno sottoposte a processi decisionali pubblici. La stessa idea della pianificazione urbanistica è evaporata. Se l’am­biente continua a essere propizio al maturare di una nuova Tangentopoli e al suo rapido diffondersi, artificial­mente costruito mediante la delegittimazione dell’urbanistica, lo svuotamento della pianifi­cazione e la demolizione delle leggi della politica fondiaria.

Continua a leggere su HOUSE, LIVINGANDBUSINESS

lunedì 19 aprile 2010

Da oggetti a soggetti: Architettura, Arte e Design si fanno strada



di Daniela Paola Aglione

E' elementare la consapevolezza per cui se qualcosa è bello piace, se piace vuol dire che procura uno stato di benessere e salvo disfunzioni chimico encefaliche o ascetici obiettivi, mediamente chiunque tende verso quello stadio percettivo sensoriale.
Il valore estetico di un oggetto è legato al suo prezzo di mercato?
Mediamente sì, per lo meno nell'area occidentale del mondo. Le persone consapevoli di avere una dote che consenta loro la realizzazione di oggetti diciamo per semplicità espressiva genericamente gradevoli, sono allo stesso tempo coscienti del valore aggiunto in grado di apportare. E lo caricano di valenza economica pronta all'incasso.
Interessanti poi le visioni di Veblen, (Thorstein Bunde Veblen - 1857 1929), economista nordamericano, secondo cui alla caratteristica della bellezza s'interseca il valore economico di mercato, almeno dal punto di vista della classe sociale più agiata. Acquisiti i beni di sussistenza, i benestanti si circondano di oggetti con lo scopo di mostrarli ai più, in un processo di affermazione sociale del proprio status. Considerazione difficilmente smentibile anche oggi.

Detto questo assistiamo ad un processo evolutivo del rapporto tra oggetti ed esseri umani, dove le qualità estetico funzionali dei primi e la pregnanza della coscienza del sé per i secondi, portano ad uno scambio di soggettività del tutto inedito.

I nuovi oggetti sono il risultato di straordinarie capacità dell'umano intelletto sempre più interdisciplinari, potenzialità funzionali (basti pensare all'high tech) si legano a sperimentazioni formali che non assecondano più flussi omogenei del pensiero, bensì compresenze sismiche capaci di accontentare una molteplicità di visioni ed interpretazioni dell'abitare. A seconda poi del contesto in cui sono inseriti, gli oggetti cambiano luce, forma, destinazione. Infine, a seconda della percezione e dei significati che l'uomo dà agli oggetti, questi nuovamente cambiano, dando loro una carica legata alla soggettività del possessore.

Emblema dell'ideatore
+ contributi interdisciplinari di ulteriori ideatori/apportatori
+ caratteristiche estetico funzionali intrinseche, dovute all'insieme della creazione
+ presenza nel mondo reale
+ valore di mercato
+ valenze soggettivo affettive del possessore
= oggetti-soggetti.

Leggi qui - Architettura, Arte e Design da oggetti a soggetti per declinare le varianti della cultura dell’abitare

giovedì 15 aprile 2010

Vittorio Gregotti, l'anti archistar


di Daniela Paola Aglione


L'architettura è una professione delicata, perché modifica l'ambiente costruito, perché modifica le relazioni col territorio, il paesaggio, la vocazione di un territorio ed è votata alla posterità. Come in molte altre professioni, è insita una componente di responsabilità che dovrebbe sconfinare - senza deludere naturalmente - le sole aspettative della committenza.

Ricordo una bellissima chiacchierata al telefono con l'architetto romano Fabio Briguglio, autore con Patrizia Ferri (curatrice d'arte) del libro Translating rooms Nuove ecologie dell'abitare edito da Gangemi. Gli chiesi se la bellezza, può salvare il mondo...
Diciamo che può concorrere a farlo. Non vorrei essere troppo ottimista, ma direi che è un buono strumento. Purtroppo la bellezza - trascurando i canoni classici - è un punto di vista, se lo applichiamo all'architettura mi vengono i brividi per il numero di variabili che entrano in gioco in un momento storico in cui la dominanza della bellezza o delle bellezze è frutto di sollecitazioni polisensoriali tra cui ci si perde. Quindi faccio un passo indietro, arrendendomi subito all'aleatorietà della materia e m'incuriosisco di due "ferite aperte" dell'architettura di un passato recente, ma direi ancora abitate:

DPA - Le vele di Scampia, dell'architetto Franz di Salvo, costruite tra il 62 e il 75... volevano essere allora il paradigma di un nuovo modo di interpretare la residenza sociale. Cosa pensa del divario tra le intenzioni dell'architetto e la condizione odierna?

FB- Prima cosa: l'architetto ha sempre un committente e interpreta delle esigenze che gli vengono date e comunicate e a cui deve rispondere in termini progettuali. Il fallimento di molte "sperimentazioni" degli anni '70 e oltre, di queste città nella città, di questi edifici in cui venivano raccolti tantissimi abitanti, è soprattutto la mancanza di seguito che la politica ha dato alla costruzione di questi edifici. Questi edifici sono stati voluti, ma poi abbandonati prima di essere finiti. Non si è dato modo di completare un programma più che un progetto, perché questi edifici fanno parte di un programma: non sono state completate le infrastrutture, i collegamenti, sono stati abbandonati a se stessi, non sono stati dati i servizi essenziali, quindi da lì il degrado.... Non è stato il fallimento degli architetti, ma siamo noi ad aver fallito come società. Abbiamo fatto degli investimenti senza dare loro respiro.

DPA - Altro caso eclatante, medesimo periodo: il Quartiere ZEN (Zona Espansione Nord) a Palermo di Gregotti. Cosa trova di "espansione" e cosa di "zen" nelle intenzioni dell'architetto e nella realtà dei fatti?

FB - Dovrei anche in questo caso ripetere la risposta precedente... Difficile dare un giudizio in termini perentori rispetto alla riuscita dell'intervento. Sicuramente il progetto è stato portato a compimento secondo dei canoni di grande rigore che appartengono a Gregotti, forse in questo possiamo richiamare lo "zen" dell'essenzialità intesa come rigore, ma non saprei darle una valutazione in altri termini.
L'integrazione di una architettura nel contesto è fondamentale. Io ho lo studio a 100 metri dal MAXXI, il nuovo museo del XXI secolo di Zaha Hadid che ha avuto una inaugurazione di recente, ma in realtà ci sono ancora i lavori in corso. Questo in qualche modo riprende la critica di Gregotti sulle archistar. E' vero che in questo momento l'architettura tende a esprimersi in maniera eccessiva, nel senso che si esprime in maniera autoreferenziale, solipsistica, non comunica con il contesto, ma cerca l'autoaffermazione. In qualche caso cerca di potenziare il livello di comunicazione rispetto alla funzione che svolge: un museo che abbia una particolarità a livello formale, richiama molta più gente. Quello che io penso è vicino all'idea di Gregotti, l'architettura deve trovare una misura e relazionarsi col contesto. Nessun gesto perentorio, ma il tentativo di cercare una relazione pertinente con le qualità morfologiche e la storia di un contesto. E' una dimensione che abbiamo perso, la peggiore deriva sono le andate di chi i fa il verso alle archistar senza avere gli strumenti ed il controllo che hanno le archistar, oltretutto.

Ecco, appunto. E Vittorio Gregotti non si ritiene un'archistar proprio per il rispetto che dice di mostrare nei confronti del contesto.
Qual è allora il giusto modo di rapportarsi al contesto urbano?

La risposta a questa e ad altre domande su
Gregotti «Le opere architettonichedelle archistar, oggetti di marketing»

mercoledì 14 aprile 2010

Daniel Libeskind: le architetture come lo stradivari, funzionali e belle da vedere


Entro il 2015, anno di per sè importante per l'appuntamento di Expo 2015, sarà l'anno in cui - salvo ritardi dell'ultim'ora - sarà completato il progetto di City Life, Milano. Uno dei palazzi, il Curvo, così come il Museo d'Arte Contemporanea ed alcune torri residenziali, sono a firma di Daniel Libeskind. Questo progetto di riqualificazione dell'ex area della fiera di Milano, essendo di grande rilevanza per la città, non ha risparmiato polemiche - esiste un comitato il cui portavoce è Rolando Mastrodonato - e botta e risposta spesso crudi.
Silvio Berlusconi si è pure preso del fascista per il mancato apprezzamento degli interventi curvilinei (torri sbilenche e storte) dell'architetto di Ground Zero - perché nella visione del regime, tutto ciò che non era dritto veniva considerato una forma espressiva d'arte perversa - appellativo non solo rientrato nei ranghi, ma trasformatosi in caloroso apprezzamento per l'interesse mostrato dal Premier per la città capoluogo Lombardo.

Ma il curvo verrà raddrizzato o no? Salvatore Ligresti dice sì, Libeskind dice nì.

La realizzazione della torre a vela certamente comporta una serie di costi aggiuntivi, vero è anche che la sua destinazione è quella di Hotel a 5 stelle e residenze di lusso, superando la prima valutazione a vocazione uffici. Il nì dell'architetto significa piccoli e impercettibili ritocchi che molto spesso si rendono di per sé necessari in qualunque intervento, che in questo caso non ne modificheranno affatto l'aspetto generale. Il complesso di City Life trasformerà la Cenerentola Milano - così definita dal Finanacial Times lo scorso aprile 2009 - in regina, afferma Libeskind, che ha vissuto a Milano per un periodo e che pare abbia da poco acquistato un appartamento in città.

Le firme congiunte di grandi archistar del calibro di Zaha Adid e Arata Isozaki lasceranno indubbiamente un segno riconoscibile nella città: Isozaki firma la torre che riporterà a Milano il primato del grattacielo più alto d'Italia, 220 metri, (dopo il Pirellone si è passati alla Torre Telecom Italia a Napoli, nel cluster Centro Direzionale), Zaha Adid firma la torre ritorta, Libeskind firma la vela.
Perché progetta così? È l’arte dell’architettura, questa la risposta che dà ad HOUSE, LIVINGANDBUSINESS nel corso di un'intervista che ci porta ad indagare nella poetica dell'archistar.

Qual è il rapporto tra bellezza e funzionalità? Oppure: Le sue opere però sono accusate di essere tutte uguali, cosa risponde alle critiche? Sono queste le domande che gli abbiamo rivolto perché, dopo le polemiche, non può che esserci approfondimento.

E le risposte danno una chiave di lettura per capire cosa guida la mente e la mano dell'architetto.

LEGGI QUI

martedì 13 aprile 2010

ARCHISTAR? Il dibattito tra le voci dei protagonisti

La parola è un neologismo registrato, sostantivo maschile o femminile, indica una personalità del mondo dell'architettura di fama internazionale che, con il suo "segno", interviene e modifica l'aspetto del contesto e della vita sociale in cui inserisce la propria opera.

La parola è coniata da Gabriella Lo Ricco e Silvia Micheli, autrici del saggio Lo spettacolo dell’architettura. Profilo dell’archistar© (Bruno Mondadori, Milano 2003).
A questo punto il mondo (delle archistar) si divide.
Chi lo accetta e ne è felice, chi se lo sente addosso ma non gradisce il termine che, a seconda di come viene utilizzato, assume una valenza positiva o addirittura "dispregiativa". Invidie, gelosie?

Il gossip affascina, è un bel mix di portinariato e licenza di commentare, ma non sempre il dibattito si limita a questo, anzi. Dietro la parola archistar si dipanano personalità, capacità, spirito innovativo che val la pena di seguire al di là delle etichette. Perché l'architettura ha una caratteristica unica e innegabile: tocca la vita delle persone che la vivono e la abitano, sia come inquilini che come soggetti del paesaggio. Ecco, appunto. I soggetti.

Chi sono i soggetti e quali gli oggetti?

Da mesi assistiamo ad una vera e propria evoluzione-rivoluzione che vede gli oggetti - architetture, elementi di design, opere... amplificare il proprio status beneficiando di una dimensione ed una valenza nuove, che assomigliano molto alla soggettività umana. Caricati delle energie dei loro creatori da un lato e scaricati dal mero concetto di bene di consumo dall'altro.

Ma una cosa alla volta. Partiamo dal principio, dal c'era una volta una stella, una star, un'archistar:


Intervista a Daniel Libeskind
Io non sono un archistar, seguo solo la mia anima

Intervista a Vittorio Gregotti
Il bosco in Piazza Duomo? Renzo Piano vuole provocare


Intervista a Paolo Portoghesi
Fuksas l'archistar, un violento in tutte le forme espressive


Intervista a Cino Zucchi
«L’architettura un X Factor, l’importante è farsi vedere»



Intervista a Mario Botta
Io, un architetto del passato, archistar chiedetelo ai sociologi



Intervista a Enzo Eusebi

«Fuck the context» nelle metropoli architetture totemiche



Intervista a Manfredi Nicoletti
«Per aver successo, bisogna essere seguiti da bandiere rosse»


Intervista a Mario Cucinella
«I politici: sì alle archistar, riempiono le pagine dei giornali»


Intervista a Bernard Tschumi
«Gehry e Hadid: sono archistar che vogliono stare sotto i riflettori»



Torneremo insieme ad esaminare e commentare articolo per articolo, pezzo per pezzo...

Un viaggio tra un progetto ed un personaggio, tra un commento ed una frecciatina....
Parola di blogger!

Che fine ha fatto l'architettura? BOERI, forse ti è sfuggito qualcosa?! Frammenti ed Effetti de La Maddalena, una vicenda di buona architettura


Chi è Stefano Boeri?

Architetto e urbanista, docente di progettazione urbanistica presso il Politecnico di Milano e visiting professor al GSD di Harvard - Harvard University Graduate School of Design. Dal 2004 all’aprile 2007 è stato direttore della rivista internazionale Domus. Da settembre 2007 dirige la rivista internazionale Abitare. È fondatore dell’agenzia di ricerca Multiplicity (multiplicity.it) con la quale ha realizzato, nel 2002, “U.S.E. Uncertain states of Europe”, una ricerca sul futuro dell’Europa. Tra i progetti di rilievo svolti con Boeri Studio: la nuova sede del Policlinico di Milano, la nuova sede di Siemens a Milano, le torri di edilizia residenziale sostenibile del quartiere Isola, la Villa a Marsiglia. Le sue riflessioni sulla sostenibilità come diverse forme di riconciliazione tra cultura urbana e natura, tradotta con l’installazione Sostenibili Distopie, sono state presentate alla 11a edizione, nel 2008, della Biennale di Architettura di Venezia.

Il valore della consecutio temporum…
un escursus per orientarsi e capire - con fonti e contributi - il chi e il cosa della vicenda La Maddalena.

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